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22 Novembre 2017 News

 

Arriva l’inverno e con esso anche l’attacco di virus influenzali vari: raffreddore, tosse, febbre, dolori vari e infezioni intestinali da incubo!

Dai dati dell’Osservatorio Nazionale sulla salute si evince che l’Italia è popolata da 23 milioni di malati cronici che assumono almeno due pillole al giorno. Dopo la Grecia e il Portogallo, l’Italia si colloca al terzo posto in Europa per la spesa farmaceutica sia pubblica che privata.

Frequentatissimi risultano i siti di medicina e salute per le “autodiagnosi” e molta audience hanno i programmi e le serie televisive di argomento medico.

Grazie al facile accesso all’informazione si passa rapidamente da un semplice sintomo ad una malattia incurabile!

I pazienti italiani si possono dividere arbitrariamente in due grandi categorie opposte: gli ipocondriaci e gli incoscienti.

I primi sono coloro che al minimo allarme decretano la propria morte imminente e si rivolgono continuamente al medico per cercarne conferma. Questo comporta l’affollamento delle sale d’attesa degli studi medici e dei pronto soccorso.

La seconda categoria è rappresentata da coloro che neanche sanno o non ne vogliono sapere di avere un medico di famiglia, l’ultimo prelievo o controllo magari risale all’infanzia e si ripetono continuamente “Non è niente…ora passa” oppure “meglio non sapere!”.

Si sottolinea continuamente l’importanza della prevenzione e del controllo periodico del proprio stato di salute per poter identificare indizi di malattie come il cancro, ma questo gruppo di pazienti, che ho chiamato incoscienti, si sente escluso dal discorso.

La scelta e l’azione di chiedere aiuto al medico racchiude sentimenti ed emozioni molto intense: Safer chiama “delay” (indugio), il periodo di tempo che intercorre tra l’attribuzione della diagnosi e la sensazione e scelta di rivolgersi ad un dottore.

Si tratta di un vero e proprio processo con diverse fasi che possiamo esemplificare. La prima fase consiste nella scoperta di un probabile sintomo che attiva nella mente una valutazione con due probabili tipologie di pensieri ed esiti: nel primo caso “niente di grave…passerà” oppure nel caso opposto possono sorgere una serie di dubbi e preoccupazioni che occupano tutto lo spazio mentale.

L’azione successiva consiste nel cercare informazioni da parenti e amici che possono riferire esperienze simili o si ricorre alla navigazione sul web che porta sempre ad esiti nefasti. Tutta la ricerca effettuata nei casi migliori porta alla consultazione medica a meno che non si sia incappati in cure alternative fai da te.

Nel momento in cui si decide di affrontare la visita medica cambia il proprio assetto mentale: si mescolano conoscenze, esperienze precedenti, valori con asie e aspettative nei confronti della visita e dell’eventuale diagnosi e prognosi.

Ancora più gravose sono le resistenze a rivolgersi ad uno specialista della salute mentale. Le angosce in questo caso sono più forti e organizzate oltre ad essere meno visibili. Si tratta di pensieri e razionalizzazioni che la persona usa per spiegare il proprio disagio o malessere a sé stessa ed agli altri.

Ci si convince di potercela fare da soli, che i problemi li hanno tutti e che nessuno può capirti meglio di te, oltre a temere il giudizio degli altri sapendo che vai dallo psicologo.

Si tratta di credenze e convinzioni che non permettono una soluzione ma portano solo alla chiusura e al malessere.


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